Pubblicità delle scommesse negli stadi, quanto guadagna davvero lo sport?

Dopo anni di divieti, torna la pubblicità del gioco d’azzardo negli stadi italiani. Una mossa controversa, che da una parte segna l’addio al Decreto Dignità, e dall’altra promette risorse “fresche” per il sistema sportivo nazionale. Ma la domanda è: quanto guadagna davvero lo sport da questo accordo? E soprattutto: questi soldi possono fare la differenza?

Punti chiave

1- Addio al Decreto Dignità: torna la possibilità per i club sportivi di stringere accordi commerciali con operatori del gioco d’azzardo, suscitando un acceso dibattito.

2- Quanto ci guadagna lo sport? Si stima un introito annuale di circa 20 milioni di euro, ovvero l’1% di un volume di affari stimato in 1,5 miliardi legato al betting sportivo

3- Come verranno utilizzati questi soldi? Nessuno lo sà, ma la cifra appare insufficiente per colmare i grandi bisogni strutturali dello sport italiano, specialmente per le leghe maggiori.

4- Potrebbe avere un impatto più concreto su settori giovanili e sport minori, se destinata con criterio.

5- Questo accordo potrebbe aumentare il numero di persone affette da ludopatia, attualmente 1,5 milioni.

Addio Decreto Dignità

Il Decreto Dignità, approvato nel 2018, aveva vietato ogni forma di pubblicità legata al gioco d’azzardo, comprese le sponsorizzazioni sportive. La misura mirava a combattere la ludopatia, ma, a detta di qualcuno, aveva colpito duramente anche molte società sportive, in particolare nel calcio, lo sport sul quale si commette di più in Italia.

Nel 2024, il Governo ha rivisto quella norma. Ora è nuovamente possibile per le società sportive siglare accordi commerciali con operatori del betting, a patto che l’1% del turnover del settore venga destinato allo sport italiano.

Le Scommesse Sportive in Italia

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Quanto guadagna lo sport Italiano da questo accordo?

Vediamo in concreto quanto vale questo 1%, argomento che fino ad ora non ha toccato nessuno. Ecco l’incasso annuale che dovrebbe ricevere lo Stato tra il 2025 ed il 2030. Una stima considerando la costante crescita del volume di scommesse sportive negli ultimi anni.



Anno

Turn-over scommesse sportive

1% 

2025

1.700.000.000

17.000.000

2026

1.800.000.000

18.000.000

2027

1.950.000.000

19.500.000

2028

2.100.000.000

21.000.000

2029

2.200.000.000

22.000.000

2030

2.300.000.000

23.000.000

 

Il nuovo fondo dedicato al calcio potrebbe incassare una media di 20 milioni all’anno nei prossimi 6 anni.

Rispetto al bilancio pubblico italiano (oltre 1.000 miliardi di euro l’anno), è una somma marginale. Le domande da porci sono:

  • Come verranno utilizzati esattamente?
  • Sono davvero sufficienti?
  • Chi li gestirà?

 

Restaurare gli stadi?

Nonostante l’introduzione della nuova norma prometta un’entrata di circa 15–20 milioni di euro all’anno dal settore delle scommesse sportive, questa cifra risulta del tutto insufficiente per sostenere le esigenze finanziarie delle leghe maggiori, in particolare la Serie A e la Serie B. Basti pensare che il solo restauro di uno stadio di Serie A – come il Dall’Ara di Bologna o l’Artemio Franchi di Firenze – può superare i 130–200 milioni di euro, mentre un intervento strutturale in Serie B, come quello previsto a Empoli, si aggira intorno ai 45 milioni. In questo contesto, i fondi derivanti dal betting coprirebbero appena una frazione marginale dei costi necessari, dimostrando che, se destinati alle realtà di vertice, questi soldi non avrebbero un impatto significativo.

Viene quindi da chiedersi: serve davvero riaprire le porte alla pubblicità delle scommesse per incassare qualche milione in più? Non esistono forse modelli di finanziamento alternativi, più etici e sostenibili, capaci di supportare lo sport senza legarlo a settori controversi come il gioco d’azzardo? È una domanda scomoda, ma necessaria, se si vuole costruire una visione a lungo termine per lo sport italiano.

Investimenti nei Settori Giovanili: opportunità o dilemma etico?

Da un punto di vista oggettivo, 20 milioni di euro all’anno rappresentano una somma significativa se destinata ai settori giovanili, spesso trascurati e sotto finanziati. Con una distribuzione mirata, tali fondi potrebbero contribuire a migliorare strutture sportive di base, sostenere la formazione degli allenatori, fornire attrezzature moderne e coprire i costi per la partecipazione a tornei e campionati giovanili. In particolare nelle serie minori e nelle aree meno sviluppate, anche modesti investimenti possono avere un impatto reale e misurabile sulla crescita dei talenti e sull’inclusione sociale attraverso lo sport.

Resta comunque aperto un interrogativo cruciale: è giusto finanziare lo sport giovanile con soldi provenienti dal gioco d’azzardo? Se da un lato questi fondi potrebbero aiutare migliaia di giovani atleti, dall’altro si rischia di legittimare una dipendenza economica da un settore che porta con sé problematiche sociali e sanitarie rilevanti. La questione, quindi, non è solo economica ma anche etica: il fine giustifica davvero i mezzi?

Quanto spendono all’anno i Comuni per lo sport?

Comune

Spesa Pro Capite (€)

Spesa Totale Annuale (€)

Finalità Principali

Fino a 5.000 abitanti

1.100 – 1.800

Variabile

Manutenzione strutture, supporto a società locali

5.001 – 50.000 abitanti

10 – 50

Fino a 2,5 milioni

Miglioramento infrastrutture, promozione attività giovanili

50.001 – 200.000 abitanti

15 – 40

Fino a 5 milioni

Gestione impianti, programmi sportivi scolastici

Oltre 200.000 abitanti

3 – 55

Fino a 11 milioni

Costruzione impianti, eventi internazionali, inclusione

Nel 2024 il Governo italiano ha già stanziato oltre 100 milioni di euro attraverso il programma “Sport e Periferie”, destinati principalmente al recupero e alla realizzazione di impianti sportivi in aree urbane degradate. Queste risorse sono state suddivise tra Comuni con popolazione fino a 100.000 abitanti e quelli con popolazione superiore, con criteri specifici per l’assegnazione dei fondi.

Sebbene 20 milioni aggiuntivi potrebbero certamente fare la differenza, non è stato specificato come verranno utilizzati, e molto probabilmente la destinazione finale non sarà nei settori giovanili. Questo solleva ulteriori dubbi sull’efficacia e l’etica di finanziare lo sport attraverso proventi derivanti dal gioco d’azzardo.​

Non solo calcio?

In Italia esistono oltre 40 federazioni sportive riconosciute. Con una distribuzione intelligente, la somma raccolta potrebbe:

  • sostenere discipline come atletica, nuoto, judo, rugby, ginnastica,
  • finanziare palestre e impianti per sport “di nicchia”,
  • aumentare la pratica sportiva a livello territoriale, dove spesso mancano strutture e risorse.

 

Dalle poche informazioni disponibili però, sembra che il fondo sia rivolto solamente al settore calcistico. Scelta discutibile, considerando che secondo un report del CONI, il Calcio sta perdendo terreno rispetto ad altri sport per numero di praticanti.

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E la ludopatia?

Il gioco d’azzardo patologico ha costi altissimi per la collettività:

  • I centri SerD per le dipendenze trattano ogni anno migliaia di casi di ludopatia.
  • Secondo i dati dell’ISS e di Eurispes, il costo sanitario e sociale della dipendenza da gioco in Italia si aggira tra il mezzo miliardo e il miliardo di euro l’anno.

 

Anche se la nuova norma prevede una quota di reinvestimento nello sport, non risolve il problema alla radice: la pubblicità normalizza il gioco, soprattutto tra i più giovani. E i rischi non sono trascurabili.

Attualmente, si stima che in Italia ci siano circa 1,5 milioni di giocatori problematici, ma solo circa 12.000 di essi sono in cura . Pertanto, un investimento di 20 milioni di euro potrebbe raddoppiare il numero di pazienti in trattamento, rappresentando un passo significativo nella lotta contro la ludopatia.

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Opportunità economica o rischio sociale?

Il ritorno della pubblicità delle scommesse negli stadi italiani segna una svolta significativa, ed un fenomeno da non ignorare. Sulla carta, i circa 20 milioni di euro annui che potrebbero derivare da questa misura rappresentano una nuova fonte di entrate per un settore in costante difficoltà finanziaria, soprattutto a livello locale e giovanile. Tuttavia, una valutazione attenta mostra come questa cifra, seppur utile, sia ben lontana dall’affrontare le reali necessità strutturali dello sport italiano.

Gli stadi di Serie A e B richiedono investimenti di decine di milioni ciascuno solo per essere adeguati agli standard moderni (per non parlare dei tempi), mentre le leghe minori e i settori giovanili continuano a dipendere da fondi pubblici sempre più frammentati. In questo contesto, 20 milioni, se indirizzati con trasparenza e progettualità, potrebbero fare la differenza. Ma chi garantirà tale trasparenza?. L’assenza di un piano chiaro sulla destinazione di questi fondi lascia infatti spazio a dubbi concreti sulla loro reale utilità.

In parallelo, resta aperta una questione più profonda: è giusto finanziare lo sport con soldi che provengono da un settore come quello del gioco d’azzardo? Con quelle stesse risorse si potrebbero raddoppiare i pazienti in cura per ludopatia in Italia, contribuendo ad affrontare un problema crescente che la pubblicità del betting rischia di aggravare ulteriormente.

In definitiva, più che una strategia per rilanciare lo sport, questa manovra sembra una scorciatoia economica dal ritorno incerto. Il rischio è che, nel tentativo di tappare qualche buco di bilancio, si finisca per aprirne altri, ben più profondi, nel tessuto sociale del Paese.

 

Fonti:

  • sport.governo.it
  • coni.it
  • ilsole24ore.com
  • repubblica.it
 
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